Sonorità indie rock e synth pop: l’identità musicale di angelae in “La giostra”

“La giostra” di angelae è un interessante esempio di come l’indie rock e il synth pop possano intrecciarsi per creare un’atmosfera unica. Questo brano non solo offre una sonorità distintiva, ma utilizza anche queste influenze musicali per raccontare una storia di disillusione rispetto alle aspettative sociali e alla ricerca di una vita più autentica.

Come è iniziata la tua avventura nel mondo della musica?

Ho iniziato perchè mi piaceva cantare, ho continuato perchè mi piaceva anche scrivere e sono qui perchè adoro fare i concerti, mi piace tutto, certamente stare sul palco ma anche montare e smontare la strumentazione, le ore di furgone, gli orari improbabili, le poche ore di sonno…il perchè io abbia scelto proprio la musica penso sia da imputare agli adulti che ho avuto intorno quando ero una bambina, da mio papà che metteva i dischi a casa o ascoltava Mozart in macchina, le suore della scuola materna che ci facevano cantare tantissimo o gli insegnanti di scuola che hanno sempre trasmesso una grandissima passione per la musica, credo di aver avuto molte occasioni per sentire questa chiamata e ho risposto con naturalezza ma poi sceglierla come lavoro non è stato così automatico.

C’è stato un momento decisivo in cui hai detto “questa è la mia strada”?

Credo che il momento in cui ho pensato che volevo veramente scegliere questo percorso è stato quando ho incontrato mio marito che già faceva il musicista, mi ero appena laureata per inerzia, dopo anni fuori corso e non avevo la minima idea di cosa fare della mia vita, vedere lui che suonava in giro per il mondo, e poi accorgermi che l’unica cosa che non avevo mai smesso di fare era proprio cantare, mi ha regalato una visione più lucida. Quando poi abbiamo iniziato a lavorare sistematicamente al primo disco e siamo andati a registrare in studio a Barcellona ho capito che avevo fatto il primo passo per iniziare “la mia strada”.

Come hai superato le sfide che hai incontrato e cosa hai imparato da esse?

Con le persone, ogni volta che credevo di lasciare tutto, è arrivato qualcuno a darmi nuove energie e una nuova prospettiva per continuare. Ho imparato che non solo non posso fare tutto da sola ma anche che non devo perché la collaborazione e il confronto portano ad un risultato migliore e ho imparato anche che saper chiedere aiuto ha qualcosa a che fare con l’umiltà e la condivisione che sono necessarie per stare sul palco come voglio.

Come hai visto evolvere il tuo stile musicale e artistico nel corso degli anni?

Lo stile musicale si sta spostando un po’ alla volta verso un mondo più underground, la scrittura invece è un po’ più aperta verso l’esterno, adesso quando scrivo sento la necessità di abbracciare una condizione collettiva e non solo mia, quando ero più giovane scrivevo per sentirmi diversa dagli altri, unica, ora lo faccio per ritrovarmi simile, mi fa sentire meno sola. 

Quali consigli daresti a chi sta iniziando la sua carriera artistica?

Con l’occasione lo dico anche a me stessa, di considerare da subito questo percorso per quello che è, un lavoro autonomo per cui ci vogliono impegno, disciplina, pianificazione e anche investimento. A tratti sarà molto difficile ma ricordarsi perché lo si fa è utile.

C’è un messaggio o un’emozione che speri di trasmettere attraverso questo singolo?

Ho cercato di catturare quella sensazione di impotenza e di difficoltà che ti attanaglia quando ti guardi intorno e ti senti che la tua vita non ti rappresenta e non riesci a vedere una via di fuga. 

Hai intenzione di esplorare nuovi generi musicali nei tuoi prossimi progetti?

Non ho nei miei piani di scegliere altri generi da esplorare, per ora, ma sono sempre aperta alle contaminazioni e spero arrivino anche dalla collaborazione con altri musicisti.

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