Steve Nash, una leggenda assoluta del basket mondiale al Festival dello Sport – Da due mesi è fra i membri del Naismith Memorial Basketball Hall off Fame. E’ stato premiato come miglior giocatore dell’Nba per le stagioni 2004 – 2005 e 2005 – 2006 entrando così nel novero dei dieci giocatori capaci di ottenere questo riconoscimento in due stagioni consecutive. E’ stato inoltre il primo bianco a fregiarsi del premio dai tempi di Larry Bird (1986) nonché il primo non statunitense. Per otto volte protagonista all’Nba All – Star Games, il 23 novembre 2010 ha superato quota 15 mila punti in carriera. Tutto questo, e molto altro, è Steve Nash.
Nato a Johannesburg il 7 febbraio 1974 ma di nazionalità canadese. Ha vestito le canottiere dei Phoenix Suns, Dallas Mavericks e Los Angeles Lakers. “Il mio primo amore è stato il calcio – ha spiegato Nash davanti ad un Teatro Sociale gremito all’inverosimile- perché sia mio papà che mia mamma lo praticavano. Pensate che la prima parola che ho pronunciato è stata “goal”. Ho cominciato a 13 anni a giocare a pallacanestro innanzitutto per non rimanere escluso dai miei compagni di scuola e poi perché in quegli anni Michael Jordan era l’idolo per definizione di tutti i più giovani”. Il playmaker canadese ha poi frequentato un college non di primissimo piano come il Santa Clara: “All’inizio ho fatto un gran fatica ad impormi ma non ho mai smesso, neppure per un secondo, di crederci. Il mio sogno era arrivare in Nba e volevo trasformarlo in realtà a tutti i costi, andavo a dormire pensando al massimo campionato statunitense e mi svegliavo con la testa ancora focalizzata su quell’obiettivo. Ho lavorato tanto, più degli altri che magari avevano un talento naturale ma si sono fermati prima di me, per poter essere finalmente contrattualizzato da Phoenix. Non ho mai cambiato mentalità neppure quando mi sono reso conto di essere diventato protagonista sul parquet. Il passaggio da Phoenix a Dallas ha rappresentato un momento centrale per il sottoscritto: ai Mavericks sono diventato una star del basket”. Nash ha poi spiegato come si diventa re degli assist: “Per me è sempre stato naturale provare a coinvolgere al massimo tutti i miei compagni, questo credo sia dipeso dalla formazione che mi ha dato mio papà. Lui mi ricordava sempre che nel calcio è più importante passare bene la palla e non per forza cercare sempre e comunque la via della rete”. Infine si è parlato del momento in cui il play ha deciso di smettere: “Se dicessi che è stato un periodo facile sarei falso. Ci sono voluti due anni per capire che la mia vita era definitivamente cambiata, per fortuna posso contare su una splendida famiglia e su diversi interessi che vanno al di là del basket. Comunque ho potuto giocare sino a 40 anni, un traguardo che in pochi riescono a tagliare”. (sf)