Sulle orme di Händel in Italia con Accademia Bizantina – Mercoledì 24 giugno, alle 21.30 alla Rocca, Il Trionfo del tempo e del disinganno
Ha ventidue anni quando, nell’estate del 1707, i romani ascoltano Il Trionfo del tempo e del disinganno, il suo primo oratorio; nel 1757, settantaduenne e ormai cieco, ne conclude una nuova versione, la terza, in lingua inglese – l’alfa e l’omega, insomma, della produzione oratoriale di Georg Friedrich Händel. Mercoledì 24 giugno, alle 21.30 alla Rocca Brancaleone, la formidabile e toccante allegoria sull’esistenza umana che il giovane Händel compose su libretto del cardinale Benedetto Pamphilj è affidata alla sapienza musicale di Accademia Bizantina, gemma del territorio la cui raffinatezza interpretativa è applaudita in tutto il mondo. Alla direzione e al cembalo Ottavio Dantone, mentre i soprani Emmanuelle de Negri e Monica Piccinini sono rispettivamente Piacere e Bellezza, il contralto Delphine Galou è Disinganno e il tenore Anicio Zorzi Giustiniani è il Tempo, chiamati a confrontarsi con quello che è, indubbiamente, un capolavoro. Dopo tutto dal Trionfo romano il “caro Sassone”, come avevano preso a chiamarlo in Italia, travasa l’aria “Lascia la spina”, mutata in “Lascia ch’io pianga”, nel Rinaldo con cui conquista il pubblico di Londra e sancisce il proprio successo nella nuova patria inglese.
“Il Trionfo del tempo e del disinganno è davvero in bilico tra un’opera , o meglio una serenata ed un oratori – sottolinea Ottavio Dantone – I quattro personaggi allegorici sono perfettamente caratterizzati, anche musicalmente: Bellezza ha una spensieratezza, una voglia di vivere che si nutre delle promesse del Piacere, ma il Tempo ed il Disinganno le ricordano che la bellezza può sfiorire e che ci sono aspetti più importanti e che bisogna quindi pensare alla salvezza dell’anima”. L’oratorio HWV 46a di Händel richiede dunque consapevolezza della fragilità umana, mentre libretto e musica rendono il percorso di Bellezza, e quello dello spettatore, di straordinaria ricchezza emotiva. La stessa natura del testo è religiosa ma anche platonica; un manifesto di austerità, che porta l’eco della Controriforma attraverso il luterano Händel, eppure anche un’opera composta sul libretto, di modello umanistico, del cardinale Benedetto Pamphilj Aldobrandini. Di famiglia patrizia romana, bibliotecario Vaticano, collezionista coltissimo, non ignaro delle umane debolezze, Pamphilj fu mecenate anche di Scarlatti e Corelli, che tanto profondamente influenzarono il compositore tedesco.
“Non solo questa partitura, ma tutte le opere giovanili di Händel sono anche frutto dell’esperienza che fece in Italia, continua Dantone, luogo di passaggio obbligato per ogni musicista di allora, dove apprese un linguaggio e affinò uno stile personalissimo, una combinazione della sua formazione tedesca e delle espressioni tipiche della musica italiana”. Dal proprio viaggio in Italia – che in quattro anni da Firenze lo porta anche a Roma, Venezia, Napoli – Händel trae infatti indicazioni fondamentali sull’uso degli archi e della vocalità, tesse relazioni e guadagna crediti da spendere quando, da produttore e impresario di se stesso, metterà in scena le proprie opere. La prima versione del Trionfo, HWV 64a, quella romana, è composta in una Città Eterna che ha bandito ogni forma di musica non sacra; Händel affronta il genere dell’oratorio ispirandosi alle tendenze italiane dell’opera seria e del concerto grosso, come suggeriscono la sonata d’apertura in tre movimenti e l’alternanza di recitativo e arie col da capo virtuosistiche. Al Trionfo continuerà a lavorare per mezzo secolo, approntandone diverse versioni tra il 1737 e il 1757.
“Fare musica come un grande quartetto” è stata la missione di Accademia Bizantina fin dalla fondazione a Ravenna nel 1983: l’entusiasmo e la complicità di ogni singolo strumentista hanno dato corpo e sostanza ad interpretazioni – soprattutto sul repertorio dei secoli XVII, XVIII e XIX – apprezzate da pubblico e critica. Con la guida di Dantone, direttore e musicale artistico da oltre vent’anni e quindi garante del prestigio e della qualità artistica dell’ensemble, la Bizantina continua il percorso di specializzazione nell’ambito della musica antica con l’intento di coniugare ricerca filologica e studio della prassi estetica interpretativa ed esecutiva del Barocco. Delphine Galou, che con Bizantina ha vinto il Gramophone Award nel 2018, possiede una tecnica vocale fuori dall’ordinario, che le ha permesso di affrontare i ruoli più virtuosistici del repertorio barocco. Emmanuelle Negri, anche lei francese, ha creato un fortunato sodalizio con William Christie e Les Arts Florissants e nel corso della propria carriera ha dimostrato ampiezza di repertorio e gamma emotiva. Monica Piccinini, nata a Reggio Emilia, ha cantato nei teatri e festival di tutt’Europa, spaziando dalla polifonia al cantar solo seicentesco, a oratori e opere del barocco e classico, alla musica da camera romantica. Fiorentino invece Anicio Zorzi Giustiniani, già ospite di Ravenna Festival in occasione de I due Figaro di Mercadante e de La Betulia liberata di Mozart, entrambe dirette da Muti.
Info e prevendite: 0544 249244 – www.ravennafestival.org
Biglietti: primo settore 40 Euro, secondo settore 20 Euro, under 18 5 Euro
L’appuntamento è in diretta streaming su ravennafestival.live