Teatri senza frontiere di ritorno dal Ghana – E’ terminato ieri il viaggio di “Teatri senza frontiere”, il progetto di Utopia (Unione Italiana Teatro per Ragazzi) che ogni anno distribuisce sorrisi ai bambini di diversi paesi del mondo.
Dal 15 settembre giorni intensi di spettacoli nei villaggi del Volta Region, anche quelli raggiungibili solo a piedi dove i pick up non arrivano e il governo fornisce una canoa di assi di legno per attraversare il guado, e di laboratorio con un gruppo di 25 ragazzi della “My father House” di Abor.
Otto rappresentanti, di cui cinque del Teatro Bertolt Brecht di Formia, Maurizio Stammati, Chiara Di Macco, Marco Mastantuono, Dilva Foddai, Simona Gionta, due di Proscenio Teatro di Fermo, Marco Renzi, ideatore del progetto, e Sorina Simona Furdui, una della Casa di Pulcinella di Bari, Anna Chiara Castellano, sono stati in Africa ospiti della missione comboniana di padre Giuseppe Rabbiosi che in 18 anni è riuscita a costruire dal nulla 70 scuole, oltre 150 pozzi, un villaggio/città che fa da scuola, casa di accoglienza e quartier generale, sostenere centinaia di famiglie in difficoltà, salvare gli orfani dalla strada, pagare gli studi dei giovani per dargli un lavoro.
Gli attori di “Teatri senza frontiere” sono stati accolti nelle scuole, nei villaggi, tra paglia e lamiere, da un’umanità operosa unica, da mani verso l’alto che gridano gioia, da volti meravigliati, dai bambini con i banchi sulla testa pronti a fare spazio allo spettacolo, dai giovanissimi insegnanti, dalla bellezza della semplicità.
Ogni pomeriggio, invece, nella biblioteca della “My father house” si ritrovano i ragazzi della missione per il laboratorio di teatro con gli attori della carovana fino allo spettacolo finale tra le risate e l’attenzione dell’intera scuola, la loro agibilità e attenzione è incredibile, il linguaggio della musica e del teatro si conferma universale, oltre le difficoltà della lingua, a contatto con la terra e con la pelle, bianca o nera che sia.
“Sono state due settimane molto intense, abbiamo percorso centinaia di chilometri su strade spesso impossibili, incontrato migliaia di ragazzi, insegnanti, villaggi dove il tempo si è fermato, dove si respira pace e serenità pur nell’estrema povertà, ci siamo chiesti quale sia il modello di vita e di sviluppo giusto e quale sbagliato, che cosa sia davvero importante in questa vita e cosa superfluo, se sia alla moda il giovane europeo che compera il jeans strappato o il giovane ghanese che lo strappo subisce, abbiamo incontrato la forza di uomini e donne che mandano avanti una comunità missionaria, che salvano vite umane dalla strada e dal degrado, abbiamo visto una luce nei loro occhi, siamo stati travolti da uno tzunami di sorrisi e da un popolo che non ti fa sentire mai straniero ma sempre figlio di questo mondo e che pur nel nulla trasmette speranza e forza di vivere. Abbiamo dato e ricevuto, in uno scambio che ci ha reso certamente più ricchi, ci siamo posti mille domande e dato qualche risposta”, afferma Marco Renzi.
Tutto ruota attorno ai bambini che sono al centro degli sforzi e della ricchezza della missione dei “Teatri Senza Frontiere” che ribadisce il diritto al gioco, all’infanzia, a sognare.