Termini, il cuore nevralgico del sistema ferroviario romano – Nel XIX sec., divenuta capitale del Regno unito d’Italia, la città di Roma decise di unificare le linee ferroviarie esistenti nella nuova stazione di Termini. Questo progetto andava seguendo l’opera di riqualificazione dell’area che il cardinale De Merode aveva acquistato e poi venduto al Comune di Roma. Vanno infatti considerati in tal senso gli interventi che hanno modificato la struttura di via Nazionale e delle sue zone limitrofe, interventi voluti per potenziarne il valore culturale e d’incontro.
Termini è il centro del sistema ferroviario di Roma e riceve il suo nome dalle Terme di Diocleziano che vi si ritrovano di fronte.
Per sistemare il piazzale d’accesso alla stazione si dovette procedere allo sbancamento della collinetta artificiale, conosciuta ai più come Monte della Giustizia; qui era stata collocata una statua di donna riconosciuta per gli attributi come la personificazione della Giustizia. La statua era stata rinvenuta durante una campagna di scavi del Quirinale, e qui era stata destinata per volere di Sisto V.
Il primo intervento architettonico della stazione si ebbe nel 1873, caratterizzato da un’alta tettoia metallica dove fu fissato un orologio, immancabile simbolo di tutte le stazioni ferroviarie.
Nel 1937, in previsione dell’Esposizione Universale del ’42, si decise di ampliare e migliorare la vecchia struttura ma non fu mai realizzata a causa della guerra fino al 1950.
L’attuale architettura è segnata da un prospetto molto lungo, frontale e completamente rivestito da travertino, sottolineato da finestre continue e da una pensilina a sbalzo in cemento armato (soprannominata ‘dinosauro’) e dalla testata decorata con un fregio in alluminio di Amerigo Tot. Sulla sinistra è rimasto integro il tratto delle Mura Serviane, la cinta muraria in tufo risalente al tempo di Servio Tullio, che fungeva da sistema difensivo dell’antica città di Roma. Nei sotterranei della stazione era stato ideato il ‘Museo ferroviario’ che conservava la prima locomotiva Bayard della prima linea ferroviaria italiana, la Napoli-Portici; ma un incendio negli anni ‘70 ha completamente distrutto l’area, costringendone la chiusura.
Nella piazza dei Cinquecento, principale nodo dei collegamenti pubblici della città, antistante la Stazione Termini, si trova l’obelisco egiziano di Dogali, simbolo-ricordo della strage dei cinquecento soldati italiani caduti nella battaglia di Dogali nel 1896 in Eritrea; era stato ritrovato in via di S. Ignazio presso la tribuna di S. Maria sopra Minerva e posto qui sopra un alto basamento realizzato dallo scultore Francesco Azzurri. In seguito il basamento fu arricchito grazie all’inserimento del Leone di Giuda, rilievo bronzeo dorato, conquistato durante la campagna coloniale italiana ad Addis Abeba in Abissinia; dopo la seconda guerra mondiale il simulacro bronzeo è stato restituito all’imperatore d’Etiopia.
Di fianco il lungo tunnel sotto i binari della ferrovia in via Giolitti è possibile ammirare l’antica Chiesa di S. Bibiana. La sua fondazione risale al V sec . e sorge, come segnalato dalla lapide posta a destra del portale, sui resti di 11.266 martiri cristiani. Onorio III si interessò della sua ricostruzione nel 1224 e Gian Lorenzo Bernini nel 1626 ne modificò radicalmente l’aspetto ridisegnando la facciata, l’abside, ideò due nuove cappelle laterali e l’altare maggiore. All’interno è conservata un’importante reliquia, in un’urna d’alabastro infatti sono conservati i resti di Bibiana, di sua sorella Demetria e della loro madre Defrosa. Pietro da Cortona e Agostino Ciampelli hanno eternato l’immagine di Defrosa nelle pale che decorano le due cappelle laterali; Bernini ha scolpito l’immagine della Santa Bibiana a cui la chiesa è dedicata e l’ha riposta nell’edicola della navata. Sempre nella navata è tuttora conservato il tronco di colonna.