È fresco di stampa il primo entusiasmante romanzo di Katherine Ash, Tutta colpa di un americano, disponibile su tutte le piattaforme digitali e ordinabile nelle maggiori librerie.
Una storia d’amore, un romance perfettamente costruito con numerosi punti di contatto con il romanzo chick-lit. Una storia arguta e irriverente dove l’indipendenza femminile e l’emancipazione delle donne sono il punto di partenza per uno sviluppo insospettabile e a tasso altamente… sentimentale.
Le origini del chick-lit
Quando parliamo di chick-lit ci riferiamo a uno specifico genere letterario nato tra gli Stati Uniti d’America e la Gran Bretagna alla fine degli anni Novanta – ma che ancora oggi è oggetto sempre di interesse maggiore. Nello specifico, l’origine della definizione può riassumersi così: “chick” viene utilizzato con il significato di “ragazza, pollastrella”, e “lit”, come abbreviazione di “literature”. Verrebbe allora da domandarsi quali siano le principali differenze dal romance, dalla storia d’amore tradizionale: la risposta va rintracciata nel modo in cui l’evoluzione romantica si sposta verso una rappresentazione post-femminista senza disdegnare l’umorismo e i tratti propri della commedia.
Come dall’esempio delle capostipiti del genere (si veda Il diario segreto di Bridjet Jones, dell’autrice Helen Fielding, uno dei bestseller più fortunati della storia letteraria), Katherine Ash mette in piedi una commedia romantica dove protagonista è la giovane Emma, una interior designer di trentacinque anni che vive a Stratford (Londra) e che ha deciso di cambiare vita. Ma prima di tutto, Emma vuole concedersi un po’ di meritato riposo e sano divertimento, in una delle città più ambite da giovani pieni di talento, New York.
Emma, una eroina moderna intraprendente
Emma è una giovane eroina, una donna indipendente in carriera che lavora per una nota agenzia di design eco-sostenibile, la Decoro Project Agency e anche se la sua vita e la sua posizione fanno invidia a tutte le persone che ha intorno, la verità è ben lontana dalle apparenze. A metterla in crisi, infatti, è soprattutto il rapporto con il capo principale della sua azienda con cui sembra non esserci alcuna possibilità di dialogo. Emma è una delle ultime arrivate, e seppure Steven, il suo capo, riconosca grandi capacità in lei e continua ad affidarle i progetti più ambiziosi, è come se i due non riuscissero a piacersi, a trovare una modalità per comunicare.
Per tutte le amiche – la sua coinquilina Julia tra tutte – Emma ha “un impiego da urlo”, perciò fin dall’esordio del romanzo, quando per l’ennesima volta domanda alla sua coinquilina il nome di quel sito Internet per gli scambi casa, l’amica non riesce proprio a comprendere per quale ragione Emma abbia deciso di trasferirsi a casa di uno sconosciuto; e a sua volta di dargli ospitalità in quello suo e di Julia.
“Sì, da urlo proprio perché di urli me ne fanno fare… e parecchi. Lavoro ad un progetto che quel pieno di sé del mio capo Steven ha messo in piedi senza sapere nemmeno da che parte iniziare. Si tratta dell’Easy Home Project, ovvero una serie di nuovi tools pensati per rendere un’abitazione tecnologica e confortevole, nascondendo gli aggeggi di ultima tecnologia dietro a quelli che dovrebbero somigliare a pezzi unici di design. […] In pratica quei pacchetti che solo chi lavora come divo di Hollywood può permettersi”.
Il punto di rottura: tutta colpa di un americano
Tuttavia, il lavoro è come se non avesse più la stessa attrattiva agli occhi della giovane Emma. Emma vorrebbe cercarsene uno nuovo perché ormai è convinta che non voglia passare il resto della propria vita a discutere con il suo capo: attraente sì, ma ingestibile. Tuttavia, prima di mettersi alla ricerca è decisa a partire, fare un viaggio per scoprire il mondo, per concedersi un po’ di libertà prima di mettersi nei passi di una vita che ancora non ha.
L’occasione è presto trovata, perché Julia, stilista di successo, a distanza di pochi giorni dovrà partire per la Milano Fashion Week, e l’appartamento londinese sarà quindi del tutto libero. Così, a seguito di una ricerca approfondita, Emma trova l’appartamento che fa per lei: un posto magnifico, veramente cool, in uno dei quartieri più prestigiosi di New York, proprio nell’Upper East Side.
A condurre la trattativa, però, sarà una persona che fingerà di essere il reale affittuario dell’appartamento, James, che è invero è il fratello di Sophia, una donna che pretende di fare tutto ciò che le passa per la testa e che è riuscita a convincerlo a mettere la propria abitazione su un sito di scambio case. James inizialmente è titubante, non aveva previsto di fare un viaggio a breve termine, ma poco dopo ci ripensa ed è lui a scriverle di nuovo, sempre senza dichiarare la propria identità ma fingendosi ancora Sophie, la sorella..
Le cose si complicano quando il destino si mette di mezzo
All’interno di Tutta colpa di un americano, vicino ai protagonisti (James ed Emma) si muovono tanti altri personaggi perfettamente costruiti e congeniali all’evoluzione della storia. La ricerca della casa da scambiare da parte di Emma, infatti, coinciderà con quella per il suo nuovo lavoro, e guarda caso, la posizione per cui verrà selezionata sarà proprio quella vacante presso l’azienda in cui lavora lo stesso James. La prodigiosissima Thompson Building. A dirla tutta, James non sarà semplicemente un collega, ma un componente del direttivo dell’azienda; e quando se la troverà piombare in ufficio, riconoscendola dalla foto del suo profilo sul sito per lo scambio di case, la verità si troverà sul punto di esplodere con la stessa intensità di una bomba a orologeria.
Perché nel frattempo il rapporto tra la pseudo-Sophia ed Emma continuerà ad alimentarsi di messaggi e chiamate, di confidenze anche singolari, e tra le due comincerà a svilupparsi un rapporto solido e profondo a cui James prima o poi dovrà trovare una spiegazione per non dover rivelare la propria identità.
C’è poi anche Gwenda, attraente segretaria di Mark, l’altro capo della Thompson Building – innamorata a sua volta di James e disposta a tutto per eliminare la spietata concorrenza della nuova arrivata. Disposta persino a inventarsi una storia inesistente, pronta a far vaporeggiare i propri lunghi capelli biondi e a sfoggiare il suo fisico statuario per sedurre James.
Un viaggio fisico, metaforico e sentimentale
Tra le vette di grattacieli e strade affollate di passanti sempre di fretta; tra una Londra quasi sempre grigia che rimpicciolisce davanti all’immensità dei quartieri americani di Manhattan, Emma e James dovranno lottare per riuscire a unirsi. Meeting aziendali, loft da capogiro e appartamenti di lusso, progetti importanti e viaggi di lavoro, donano alla storia un’ambientazione suggestiva. E attorno al nucleo principale, Katherine Ash affresca con vicende e conseguenze l’intricata strada da percorrere perché i due riescano a incontrarsi e iniziare la propria storia d’amore.
Oppure, questa, potrebbe rivelarsi soltanto una vana speranza, perché quando il destino decide qualcosa per i due protagonisti di Tutta colpa di un americano non sempre sarà dato loro fare diversamente. Non assecondarlo.
Con uno stile asciutto e immediato, Katherine Ash consegna al lettore un romanzo intrigante da cui sarà difficile staccarsi prima di scoprire come si conclude. Ironia e sagacia sono ingredienti fondamentali per la costruzione narrativa, ma si fanno anche strumenti per indagare la realtà attraverso temi più profondi e degni di interesse: l’emancipazione femminile, la consapevolezza di sé e la tenacia davanti al raggiungimento dei propri obiettivi. Quella capacità di non arrendersi davanti alle difficoltà e di saperle invece trasformare in vantaggiosi alleati.