Viaggio nella storia di Roma – A Roma all’alba del XX settembre 1870 alcune cannonate sparate da via Nomentana sfondarono quella porta che si apriva sulla via che oggi chiamiamo Via XX settembre, e le truppe del Regio Esercito entrarono nella Città Eterna, finalmente Roma divenne la Capitale d’Italia. Certo non era la Roma dell’imperatore Augusto, che, come scriveva Gregorovius, portava l’acqua dai Colli Albani e da altri dieci acquedotti provenienti da ogni parte dell’Agro Romano per alimentare le undici grandi terme, le 1210 fontane, i quasi duemila bagni pubblici, le 246 cisterne della Roma Imperiale, tutto funzionò fino alla invasione dei Goti. Le ventitré sorgenti esistenti dentro le mura non sarebbero bastate ai bisogni di un milione di abitanti della città; e questi vanno aggiunti anche i bagni e le piscine private di 1747 tra ville e magioni, oltre le cinquanta insule alte quattro o cinque piani abitate dai cittadini meno abbienti, ma che vivevano nelle mura. Non bisogna dimenticare gli anfiteatri, i circhi, i fori e soprattutto le cinque forme di pane date, gratuitamente e quotidianamente ad ogni singolo cittadino. Questa era Roma, la Città Eterna.
Ma nel 1870 al tempo del Papa Re la popolazione di Roma era di circa 170 mila abitanti di cui almeno ventimila vivevano di elemosina. Non esisteva l’industria, pressoché inesistente il commercio, prosperavano unicamente le attività artigianali. Al censimento del 1835 l’analfabetismo arrivava al 48%, in ogni abitazione vivano due famiglie e mezzo, ogni nucleo famigliare era composto da 4, 6 persone. I sacerdoti tra clero secolare e regolare erano 4.164; i proprietari di beni stabili o altro 1.596; gli agricoltori 3.362; i magistrati e gli ufficiali civili 3.180; i pastori 353; gli artigiani e gli addetti ai lavori di manifattura 25.091; i commercianti 9.185; gli artisti 1.154; i professionisti 1913; gli insegnanti 793; gli studenti 1.510; gli inservienti, le famiglie e i domestici 17.303; i poveri ricoverati 2.012; i senza professione o di professione ignota 103.107, praticamente oltre centomila persone vivevano senza sapere che cosa facessero o come vivessero…
La pulizia urbana era affidata alla Gendarmeria che ben poco faceva. Trastevere era un quartiere sudicio come i peggiori bassi della vecchia Napoli; San Lorenzo in Lucina, Via del Bufalo, Santa Lucia del Gonfalone erano delle fogne a cielo aperto e non si sapeva quando sarebbero state chiuse. Incurabile la sporcizia del Ghetto ed i rioni abitati dagli operai e dai salariati agricoli.
Ai fori pascolavano gli animali, vi si dormiva a cielo aperto o vi si stendevano i panni per asciugarli al sole.
I più importanti monumenti della Romanità erano usati come forni, osterie, botteghe artigiane o alloggi miserevoli. I Portoni dei palazzi signorili erano orinatoi pubblici, per cui i piemontesi costruirono i famosi vespasiani tolti, poi, intorno agli anni del ‘ 980.
Le prime leggi del Governo Sabaudo furono: l’introduzione della leva militare (fino allora sconosciuta) l’imposizione della tassa di successione. Durante il potere pontificio chi aveva avuto un Papa in famiglia ne era esente; questo fatto permise che le famiglie nobili romane potessero tramandarsi le vestigia storiche e i palazzi rinascimentali. Ricordo che fu il principe Virginio Orsini che mi raccontò – dopo l’annessione la nobiltà nera (quella papalina) non si uniformò alle leggi (per loro, piemontesi) per cui agli inizi del novecento il nonno dovette vendere, credo ad una banca, il Teatro Marcello per pagare le tasse di successione e così essere liberi di dividere o vendere alcune proprietà. Un’altra delle prime leggi fu quella di imporre il pagamento delle cure sanitarie, tanto è vero che alcuni dei feriti dello scontro di Porta Pia furono ricoverati (romani e piemontesi) all’ospedale dell’Isola Tiberina e dovettero pagare la retta, per inciso erano ammucchiati in letti da venti posti. Altre curiosità e fatti storici al prossimo articolo.